.
Uno dei mari è l'inconscio.
Dai suoi flutti placidi o tempestosi arrivano sempre nuovi pesci, nuove informazioni sempre diverse ed inaspettate.
Informazioni genetiche del proprio Sè, sempre gradite, o antiche informazioni del proprio vissuto, sempre gradite anch'esse.
Ed una volta accolte dalla coscienza un altro "mare" si muove e queste nuove informazioni, insieme a tutte le altr , una marea, vengono dal cervello rielaborate per trovare per tutte loro e CON tutte loro un nuovo adattamento secondario.
E da questo flusso e riflusso nasce un nuovo modo di essere al mondo.
Talora poco diverso dal modo di essere di prima rispetto a quelle news e talora, rispetto a quelle new entry, un cambiamento più marcato, più significativo.
E da questo pescato fresco e da queste onde odorose di nuovo che si infrangono sulle rive della coscienza nasce il nuovo che negli scritti viene espresso e reso manifesto.
Ed il nuovo, così "creato" ma in realtà frutto di una fonte molto, molto antica e solo di recente elaborato, sì riversa sul vecchio, vecchissimo, stantio e spesso putrescente di una realtà sensibile la quale malgrado il suo illusorio continuo mutare è cristallizzata in un suo antichissimo e, da moltissimo tempo ormai, putribondo immobilismo.
Ed in questa putrescente immutabilità sguazza a suo agio il male, il peggio, la crudeltà, la ferocia senza tregua degli umani malati* che accanitamente aspirano al suicidio.
Di sè e di ogni forma di vita che li circondi.
E come il tristo morente Mazzarò del Verga essi uccidono poco a poco sè stessi e tutti i viventi che li circondano ululando follemente: "Roba mia, vientene con me!".
(*) Fatti salvi quei rari samaritani che dedicano la propria vita agli ultimi ed a coloro che soffrono.