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		Un amico artigiano 
		aveva costruito con listelli di legno tutti uguali, seguendo le 
		indicazione di Galileo, un lungo tubo.
		Lo aveva rivestito di 
		pelle rossa e inciso sopra dei fregi di oro per abbellirlo.
		Un amico vetraio 
		aveva fuso due lenti poi incastonate nel lungo tubo.
		Galileo passava le 
		notti nel piccolo orto della sua casetta di Padova ad osservare il cielo 
		con il suo tubo.
		Ci passava le notti, 
		scrutava, aguzzava la vista e non vedeva altro che un cerchio opaco.
		Guardava di lato, 
		vedeva il cielo splendente di stelle, accostava l’occhio al tubo e 
		brontolava sconsolato.
		E così una notte 
		dietro l’altra.
		Galileo aveva anche 
		apportato delle varianti al tubo, aveva aggiunto lenti ma non c’era 
		stato nulla da fare.
		Al mattino la sua 
		giovane serva, che accudiva la sua modesta casa e talora, quando l’umore 
		di Galileo glielo consentiva, anche il suo corpo, lo trovava disfatto 
		appoggiata la testa al suo tavolo, gli occhi gonfi ed arrossati.
		Si dannava la 
		poveretta per questi dispiaceri che affliggevano il suo amato padrone e 
		senza disturbarlo accudiva alle sua faccende asciugando talora una 
		lacrima sul suo viso di giovinetta.
		Una mattina mentre 
		spolverava il tavolo inavvertitamente urto il lungo tubo che tanto 
		faceva dannare il suo padrone.
		Il tubo rotolò sul 
		tappeto e le lenti si sfilarono sparpagliandosi per la cucina.
		La poveretta 
		impallidì e si mise d’istinto le mani tra i capelli.
		Vedendo che nulla si 
		era rotto ed i cerchi di vetro erano integri si ingegnò con pazienza ad 
		inserirli di nuovo dentro il tubo nell’ordine casuale che la circostanza 
		le consentiva.
		Dopo ripose con 
		cautela il lungo tubo da dove era caduto e continuò le sue faccende.
		La notte successiva 
		Galileo si rimise all’opera nel suo piccolo orto tra l’odore acuto della 
		terra umida e dei pochi ortaggi che vi crescevano.
		Pose l’occhio 
		sull’oculare e si ritrasse di colpo.
		Si strofinò gli occhi 
		e riprovò.
		Apparve alla sua 
		vista un lontano puntino luminoso ben più luminoso dello stesso puntino 
		celeste che, spostando l’occhio, poteva direttamente osservare.
		E accanto a quello 
		vedeva anche altri puntini luminosi che però ad occhio nudo non riusciva 
		a vedere.
		La gioia dello 
		scienziato fu tale che per quella notte ripose il cannocchiale e si mise 
		a letto esausto ma felice.
		E sorridendo 
		scampanellò chiedendo alla giovane serva di raggiungerlo.