Noi sappiamo che gli animali dotati di S.N.C. (Sistema Nervoso Centrale) sviluppato cioè di un cervello sognano.

Lo sappiamo grazie al rilevamento effettuato dei movimenti dei globi oculari sotto le palpebre  nel corso del sonno R.E.M. (che appunto significa  Rapid Eye Movement) che negli umani corrispondono ad una fase di sonno profondo accompagnato da sogni.

Ma perché gli animali sognano?

Si possono fare solo congetture .

Tra le tante possibili ne azzardo una.

I sogni (i simboli che li compongono) sono portatori di significato.Ed i significati in assoluto più importanti che essi veicolano servono a  costruire nella coscienza una immagine, un modello, un pattern di sé.

Cioè costruiscono nella coscienza (ben al di là della consapevolezza del sognatore) l’immagine del proprio Sé.

Ciò può avvenire in quanto esiste nella coscienza animale una funzione, definita come funzione intuizione, che è in grado (ben al di là della consapevolezza del sognatore) di trasformare il significante in significato.

Cioè di interpretare il significato dei sogni.

Si tratterebbe di una funzione istintiva della coscienza cioè di una funzione geneticamente determinata.

Nell’animale essa “interpreta” cioè trasduce il significante in significato e contribuisce a costruire nella coscienza dell’animale (ben al di là della sua consapevolezza , di impossibile esistenza stante l’inesistenza di un ego cosciente) l’immagine di sé.

Cioè l’adattamento della coscienza animale, cioè dell’animale stesso, a sé stesso.

Di importanza vitale per l’animale tanto quanto l’adattamento all’ambiente nel quale dovrà sopravvivere.

Mentre l’adattamento a sé stesso si sviluppa autonomamente grazie alla funzione intuizione l’adattamento all’ambiente si sviluppa grazie all’insegnamento dei genitori .E com’è noto il gioco ha in questo apprendimento una funzione centrale.

Senza una di queste due forme di adattamento (a sé stesso ed all’ambiente) l’animale adulto non potrebbe sopravvivere.

Questa congettura presuppone che la funzione intuizione sia presente geneticamente nella coscienza animale.

E quindi anche nella coscienza del bambino .

C’è prova di ciò.

Noi sappiamo che il bambino (la sua coscienza) assume dai comportamenti dei genitori e dagli eventi dell’ambito parentale infantile il SENSO, cioè il SIGNIFICATO di tali comportamenti e di tali eventi.

Come potrebbe la coscienza del bambino assumere in sé quei significati se non fosse dotata istintivamente della funzione intuizione ?

Che appunto trasduce il significante in significato.

Sappiamo ancora che i significati assunti nel corso della esperienza infantile sono le fondamenta inconsce della costruzione della personalità dell’adulto.

Sappiamo che portare alla coscienza quei significati assunti nel corso della esperienza infantile (le fondamenta della personalità) è terapeutico, risolve spesso problemi mentali seri.

Ma allora se la coscienza del bambino assume in sè istintivamente , spontaneamente, il senso degli eventi del’ambito parentale infantile come mai non assume in sé altrettanto istintivamente il senso dei propri sogni costruendo quindi nella coscienza , oltre l’adattamento a quell’ambiente parentale, anche l’adattamento a sé stesso ?

Costruendo cioè in quella coscienza l’immagine , il modello, il pattern di sé ?

La coscienza del bambino apprende dall’ambiente grazie alla sua enorme capacità emulativa. Apprende cioè per imitazione.

Se la funzione intuizione nelle coscienze parentali dell’ambito è modestamente sviluppata , giusto  quel tanto che basta per sviluppare l’adattamento all’ambiente parentale, la coscienza del bambino manterrà la propria funzione intuizione a quel livello di sviluppo.

Esiste in quest’ambito di apprendimento e di sviluppo psichico un altro processo.

In alcune specie animali il maschio dopo l’accoppiamento “sigilla” in qualche modo i genitali della femmina per impedire che i propri geni con i quali ha appena fecondato la femmina vengano sostituiti o mischiati da altri geni in successivi accoppiamenti.

E’ possibile che nel corso dello sviluppo psichico del bambino, una volta sviluppatosi l’adattamento all’ambiente parentale infantile cioè una volta poste le basi per costruire la psiche del bambino ad immagine di quella dei genitori, questi inconsapevolmente “sigillano” quella psiche allo scopo di evitare che possa strutturarsi in essa un adattamento diverso.

La “sigillano” bloccando o inibendo la capacità di sviluppo della funzione intuizione.

A questo punto la possibilità di quella psiche di svilupparsi assumendo dal proprio inconscio le informazioni sul proprio Sé viene completamente azzerata.

E da qui la condizione di alienazione da sé che sta alla base delle malattie mentali.

Ma non per sempre.

Il rapporto terapeutico con un analista che ha sviluppato in sé in modo soddisfacente la propria funzione intuizione implica , grazie alla capacità di apprendimento per imitazione della coscienza umana, di far sviluppare anche nella coscienza del paziente (ben al di là della sua consapevolezza e talora perfino di quella dell’analista) la capacità intuitiva.

A quel punto la terapia è finita.

In quanto la coscienza del paziente a partire da quel momento sarà in grado di costruire in sé un nuovo adattamento a sé stesso, sarà capace di costruire in sé una immagine REALE del proprio Sé.

 

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