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Magritte con la sua provocazione ci induce a pensare al tradimento della immagine.

L’immagine che percepiamo non è la cosa in sé (e questo non è così ovvio per tutti) .

L’immagine di una pipa NON è la pipa.

Oggi sappiamo che ciò che vediamo è l’effetto del riflesso della luce sull’oggetto reale, il risultato della "scelta" che la natura della superficie dell'oggetto fa nel rimandarci una frequenza luminosa piuttosto che un'altra e nella elaborazione che del tutto fa la coscienza.

Ma poco o nulla sappiamo né possiamo sapere della natura dell’oggetto reale al di fuori e al di là di ciò che  la percezione sensoriale ci consente.

E' possibile che nella fase infantile della coscienza l'acquisizione delle immagini e dei suoni (e delle prime esperienze) avvenga in modalità  analogica tramite la coscienza percettiva (neocorteccia) ed i neuroni a specchio.

Semplice percezione analogica della realtà sensibile ed incapacità di percepire il significato di ciò che si è percepito.

Nella fase adulta della coscienza diventa  invece possibile una acquisizione delle immagini e dei suoni (e delle esperienze) tramite la coscienza cognitiva in modalità stavolta digitale con la possibilità quindi di cogliere di ciò che si è percepito  anche il significato.

Questo passaggio dall’analogico al digitale (forse perfino un passaggio di “oggetti” da una coscienza all’altra) nel corso del processo di crescita  consente agli ”oggetti” percepiti di essere “processati” dalla funzione intuizione in modo da rilevarne il senso.

Cosa che parrebbe impossibile quando gli “oggetti” percepiti rimanessero in una condizione analogica (cioè “intrappolati”  in una coscienza rimasta infantile) .

Sorge il dubbio che se la coscienza percettiva avesse la sua sede nella neocorteccia sarebbe allora  possibile che la coscienza cognitiva facesse invece  parte degli emisferi cerebrali (di qualche zona di quegli emisferi) ?.

 

 


 

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