Ritorno sul libro “Che cosa sappiamo della mente” (*) per riprendere da esso (fig.1.7 e pagine circostanti)  l’esperimento terapeutico del “congegno a specchio che fa rivivere la mano fantasma”.

Descrivo brevemente.

Un paziente al quale è stato da tempo amputato il braccio sinistro lamenta forti dolori a tale arto , all’arto fantasma.

Viene allora posto di fronte alla mano destra del paziente uno specchio angolato che riflette la sua mano destra ed il paziente ha perciò l’apparenza di avere entrambi le mani.

Viene chiesto di muovere la mano destra e sembra che “entrambe” si muovano.

Gli viene chiesto di applaudire e così sembra che egli faccia.

Dopo varie prove la coscienza del soggetto “vedendo” che egli muove entrambi le mani allenta la sua presa isterica che “paralizzava l’arto fantasma”  e si ottiene così una remissione dei dolori sofferti da paziente a tale arto (nella realtà  inesistente).

Questo esperimento terapeutico aiuta capire perché la terapia analitica funziona.

Grazie ai processi identificativi tra paziente ed analista dopo un pò la coscienza del paziente comincia a “vedere” una coscienza altra da sé e con la quale è in atto un processo identificativo che , diversamente da ciò che essa sta facendo, ha un rapporto costruttivo con i contenuti istintuali dell’inconscio.

Lentamente essa molla  la sua presa isterica castrante sul proprio inconscio (così ha appreso e così le è stato insegnato nel corso dell’infanzia) e riattiva il suo rapporto (anche grazie ai processi emulativi in atto) con i propri contenuti istintuali (**).

Lentamente si riattiva il processo di crescita psichica a suo tempo bloccato e negato.

(*) Molte società di software americane , compresa Microsoft, impiegano per la scrittura di complessi programmi ingegneri indiani in quanto parrebbe che essi,  grazie alla loro cultura tradizionale , abbiano geneticamente sviluppato una particolare abilità nello gestire i linguaggi simbolici di alto livello (per es. Java, C++, ecc.) con i quali si codificano gli algoritmi di tali programmi.

Curioso che il brillante autore del libro, indiano appunto, non se ne sia reso conto tanto da giungere al punto di irridere i metalinguaggi.

(**) E grazie ovviamente alla funzione onirica del paziente , alla funzione intuizione del suo analista, al livello di coscienza e di consapevolezza di quest’ultimo , alla sua dialettica spontanea terapeutica.

 

 

 


 

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