22/5/10

Il secchio ed il catino.

Immaginiamo di avere un grande secchio ed un piccolo catino.

Per vari motivi risalenti a molto o moltissimo tempo fa nella vita dell’individuo il rubinetto che dovrebbe consentire il “gocciolio” del contenuto del secchio nel catino è bloccato.

Il secchio si riempie sempre di più di contenuti che ad esso continuamente e fisiologicamente affluiscono mentre il catino rimane sempre disperatamente vuoto di contenuti vitali ma zeppo di patetiche e patologiche scorie.

A complicare la situazione il fatto che nessuno ha detto al catino quale sia la funzione del secchio ed egli crede erroneamente che il  secchio sia destinato a contenere l’immondizia .

Aggravando perciò vieppiù  la condizione di intasamento del secchio stesso.

La funzione della terapia (e dell’analista) è, nella prima fase, di fare da ponte tra il secchio ed il catino  temporaneamente sostituendosi al rubinetto bloccato.

Il paziente espone i propri contenuti (sintomatici, emozionali, comportamentali, ecc.) e soprattutto racconta i propri sogni.

L’analista interpreta per quello che può i significati veicolati dalla comunicazione del paziente e dialoga con il paziente stesso.

Così facendo per intanto alleggerisce il contenuto di un secchio troppo pieno contribuendo a trasferire qualche contenuto significativo del secchio verso il catino.

Contemporaneamente grazie alla comunicazione umana (che non è solo quella verbale o gestuale o onirica  ma ha anche aspetti reali , fattuali  la cui  natura è piuttosto misteriosa) in qualche modo il catino (si è capito che si tratta di una metafora della coscienza ?) impara che il secchio (si è capito che è una metafora dell’inconscio ?) non è solo un cestino per la spazzatura.

Il catino impara inoltre che il rubinetto bloccato può funzionare non solo dal catino verso il secchio ma che anzi la sua funzione principale è di funzionare dal secchio verso il catino.

Comincia cioè a sviluppare la propria capacità intuitiva.

Quando il secchio è stato svuotato dalla immondizia che gli è stata buttata  dentro (la storia personale inconscia del paziente ) ed il catino in parte ripulito dalle sue scorie ed il rubinetto riattivato nella sua funzione di tramite tra il secchio ed il catino la terapia è finita.

E’ finita in quanto a partire da quel momento il processo di comunicazione del senso tra l’inconscio e la coscienza è stato riattivato e diventerà sempre più efficiente nel tempo e con l’uso (peraltro di solito del tutto inconscio rispetto all’ego).

A proposito: e l’ego ?

In tutta la terapia ha una funzione del tutto passiva.

Deve solo comunicare, comunicare, comunicare. In ogni modo gli sia possibile.

Difficilmente comprenderà cosa stia realmente accadendo (e se lo capirà , lo capirà,  forse a distanza di anni).

Come si è detto egli deve solo comunicare, comunicare, comunicare.

E’ perciò patetico dire al paziente: distenditi e rilassati.

E’ perciò  inutile e spesso bloccante dire al paziente :Dimmi cosa ti viene in mente.

E’ stupido e da ignoranti dire al paziente :Sii spontaneo.

Bisognerebbe dirgli molto amichevolmente : Dimmi tutto (con i sogni, a voce, con il corpo, con i sintomi, con le tue esperienze , con le tue emozioni, con i dissidi con i tuoi amici e parenti, con gli eventi della tua vita, con i tuoi amori ed i tuoi odi, ecc. ecc.).

Lasciare fluire la comunicazione del paziente ponendosi in ascolto.

Interpretando ciò che si può.

Dialogando con il paziente (non sempre si riesce a comprendere il senso della propria stessa comunicazione cioè cosa realmente si stia comunicando al paziente) ma non importa : Se si è coscienti di sé e consapevoli è opportuno lasciare fare alla propria spontaneità. Funziona meglio di qualsiasi ragionamento o (peggio, molto peggio) di qualsiasi interpretazione dottrinaria.

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