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Secondo me, quando Borges scriveva (o dettava, com'è noto Borges era diventato precocemente cieco) il frutto della sua sterminata conoscenza letteraria o il frutto della sua grande capacità creativa, egli era a tratti serio e a tratti ghignava.

Pensando forse ai suoi sconosciuti lettori che non avrebbero mai capito se egli  scriveva cose serie o li stava invece prendendo per i fondelli.

Come sia sia, sta di fatto che interpretando le opere di Borges si potrebbero scrivere uno o più manuali di psicoanalisi.

Leggete quanto segue tratto da "Racconti brevi e straordinari":

L’ombra delle mosse: In uno dei racconti che compongono la serie del Mabinogion due re nemici giocano  a scacchi mentre in una vallata vicina i loro eserciti lottano e si anniettano.  Giungono messaggeri con notizie della battaglia: I re non possono udirli chini sulla scacchiera d’argento muovono i pezzi d’oro. Ma mano appare evidente che le sorti del combattimento seguono le sorti del gioco.Verso sera uno dei re rovescia la scacchiera perché ha subito scacco matto, e poco dopo un cavaliere insanguinato gli annuncia :”Il tuo esrecito è in fuga ,hai perso il regno”.

Edwin Morgan  -The week-end companion to wales and conrwall (Chester ,1929)”.

Esso è una rappresentazione letteraria di un fenomeno di sincronicità nel quale una cosa ne riflette un'altra dello stesso significato anche se tra le due cose apparentemente, ma solo apparentemente (e qui la fisica quantistica sta in agguato), non c'è alcun legame.

Ed anzi il legame fornito da quel significato tranquillamente potrebbe anche definirsi "delirio".

Borges nei suoi scritti entra ed esce dalla realtà verso l'illusione e da qui rientra nella realtà senza alcuna soluzione di continuità.

Esattamente come fa l'inconscio ed i sogni nelle loro espressioni.

Entra ed esce dalla letteratura e dalla fantasia con continuità e il lettore dentro di sé vede il segreto sogghigno di Borges mentre scrive o detta.

Entra ed esce dal mitologico al reale e salta nella intuizione creativa e ne fuoriesce dal sogno, suo o di altri non importa.

Forse sa , ma io credo che sapesse, che tutto è rappresentazione , tutto parla con la stessa lingua  del simbolico, tutto esprime i tanti  significati che Borges voleva e avrebbe voluto esprimere senza, purtroppo per lui, averli potuto cogliere.

Leggerlo, comprendendo il senso profondo di ciò che scrive, è un piacere che si aggiunge al piacere della lettura.

E si comprende la povertà della sola razionalità che ci ha dato un mondo, un grande mondo, spaccato a metà, privo dell’altra sua , intensa e ricchissima, metà.

  (scritto il 9/3/23)

 

 

 

 

 

 


 

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