9/4/10

Il dolore del distacco.

E’ addirittura biblica una specie di maledizione che vorrebbe che la donna partorisse con dolore.

Non si capisce il motivo di tale maledizione , a meno di credere alla mela ed al serpente, se non che sia fondata su un evidente odio verso le donne , una evidente misoginia.

E, per quello che le donne simbolicamente rappresentano,  si può ben comprendere che la dissociazione da sé ha radici storiche molto, molto antiche.

Ma ora è di un altro dolore che voglio scrivere. E cioè non del dolore della madre ma del dolore del figlio.

Nell’istante in cui l’essere vivente che è felicemente vissuto per circa nove mesi nell’utero materno passa, di colpo, dalla condizione di feto alla condizione di bambino vive una condizione traumatica.

Esso viene letteralmente strappato ,amputato, dalla sua condizione di beatitudine e scaraventato nel mondo.

Tutto naturale ovviamente, tutto assolutamente fisiologico.

Ma ciò non toglie che è facile previsione che la piccola anima del neonato viva, incomprensibilmente per lui, un lancinante dolore.

Un dolore straziante ed inspiegabile.

Certamente un dolore inevitabile.

Di questo dolore atroce e lancinante , simile a quello che potrebbe provare un braccio che fosse strappato di colpo dal corpo (sempreché il braccio potesse provare emozioni) , resta memoria nel fondo dell’inconscio.

Del bambino e poi dell’adulto.

Accade talora che questo dolore venga vissuto o meglio rivissuto, ogni volta che accade un distacco, ogni volta che accade una perdita.

Accade talora che di questo dolore si riesca perfino a prendere coscienza.

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