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Le fiabe , come del resto molti miti, raccontano storie      inverosimili delle quali di solito si cerca di capire la morale oppure il recondito significato razionale.

Esercizio questo abbastanza inutile.

Le fiabe come i miti (e per certi versi come i riti) sono rappresentazioni simboliche che vorrebbero far capire alla coscienza umana (alla coscienza si ripete non necessariamente all’ego) taluni aspetti della psiche.

Essi usano il linguaggio simbolico più o meno con lo stesso fine per cui in terapia si usa talora un linguaggio metaforico.

Si parla cioè a suocera affinchè nuora intenda.

Su talune fiabe e sulle loro interpretazioni molto ha scritto Marie-Louise von Franz (allieva e collaboratrice di C.G. Jung).

La fiaba di Cappuccetto rosso , cruenta come molte fiabe, è una rappresentazione simbolica del complesso di castrazione che attacca la coscienza materna (o paterna) e che successivamente castra i primi contenuti sessuali che affiorano alla piccola coscienza del figlio (o della figlia).

Nella fiaba di Cappuccetto rosso , rappresentazione simbolica del fallo maschile (il quale com’è noto a molti  ha appunto un “cappuccetto”  ed ha toni di rosso) il lupo (il feroce complesso di castrazione) dapprima attinge  la coscienza materna , la quale  viene  quì rappresentata simbolicamente nelle vesti della nonna (dalla cui coscienza la madre ha assunto appunto per emulazione tale complesso) ,  e successivamente, travestita da nonna/coscienza castratrice, attacca e  divora Cappuccetto rosso.

Il lieto fine è assicurato dal provvido cacciatore armato di fucile (il terapeuta dotato della capacità di capire ) il quale uccide il feroce lupo/complesso di castrazione e libera sia la nonna che la nipotina , Cappuccetto Rosso appunto.

 

 

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