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Quando un ragazzino/a , magari aiutato dai propri genitori, impara ad andare in bici prova e riprova ,inconsapevolmente , una serie di azioni muscolari e non solo.

Queste azioni , dopo ripetuti tentativi, gli rendono possibile mantenersi in equilibrio sulle due ruote della bici in movimento (e poco importa sapere se ciò dipende sopratutto dal momento giroscopico sviluppato dalle ruote che girano).

La ripetitività di queste azioni , finalizzate all’apprendimento del mantenersi in equilibrio sulla bici , si imprimono (anche qui c’è imprinting) nella coscienza del ragazzino/a.

Si imprimono là e là rimangono per tutta la vita.

La ripetitività del comportamento struttura nella coscienza  una piccola opportuna ed adeguata coazione a ripetere.

Questo piccolo software, dopo che si è strutturato nella coscienza,  sprofonda nell’inconscio e l’individuo non ha più bisogno di ricordare la sequenza di azioni e di comportamenti finalizzate , per esempio, all’andare in bici.

Ogni volta che monterà su una bici la sua coscienza richiamerà a sé dall’inconscio il piccolo software adatto alla esigenza , la piccola coazione a ripetere, e l’individuo partirà sulla sua bici.

La ripetitività delle azioni castranti da parte dell’ambito parentale (detto in un altro modo: il linguaggio in ogni senso con il quale l’ambito familiare comunica con il bambino/a) fanno la stessa cosa.

Strutturano cioè nella coscienza del bambino/a delle coazioni a ripetere , e ciò al di fuori della consapevolezza di tutti.

Le  coazioni a ripetere introiettate nell’infanzia  , ogni qualvolta uno specifico contenuto istintuale dell’inconscio tenterà l’affioramento alla coscienza,  provvederanno a rimuovere, reprimere , castrare.

Mentre una parte della coscienza si esercita nella repressione continua un’altra parte tenterà l’adattamento possibile , ai fini di sopravvivenza (sia umana che sociale) , a queste condizioni psichiche inibenti e talora bloccanti.

 

 

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