A sentire coloro che l’hanno vissuto il dolore per la perdita della persona amata (sia che di tratti di una perdita tragica o della fine di un rapporto d’amore) viene descritto con tratti così intensi da lasciare talora interdetto l’ascoltatore.

Quel dolore viene descritto come un dolore sordo e profondo ,disperato e disperante , il quale in nessun modo può essere assimilato ad un qualsiasi dolore fisico.

Esso è infatti  dolore puramente psichico, dolore dell'anima,  e ha diverse componenti.

Occorre qui ricordare che il blocco della crescita psichica nell’infanzia e nel corso dell’imprinting, connesso o no che sia con una più intensa castrazione,   è la causa primaria di un dolore inconscio che la coscienza infantile tiene lontano da sé per salvaguardare la propria integrità.

Occorre ricordarsi di questo dolore antico e non percepito il quale è stato comunque  vissuto, fa parte della esperienza vissuta.

Occorre ricordarsene perché nella vita dell’adulto ogni volta che intervenga una qualche perdita il dolore causato da essa immediatamente costella e richiama alla percezione della coscienza quel dolore antico.

E la forza tremenda del dolore attuale percepito ben descrive anche quanto intenso e potente sia stato quel dolore antico.

La somma di questo e  di quel dolore può in taluni sconvolgere la mente.

Ed i tanti casi di femminicidio che la cronaca ci offre così’ spesso di questo parlano.

Di intensi dolori provocati dalla perdita della persona cara che richiamano alla percezione dell’ego dolori ben più antichi e potenti tanto da sconvolgere irrimediabilmente la mente del soggetto.

Ed indurlo ad azioni terribili ed orrende.

A quella somma già di per sé potente occorre ancora aggiungere.

La perdita della persona amata spezza di colpo le proiezioni che l’individuo postava su di essa e questa improvvisa rottura è anch’essa causa di dolore e di straniamento.

Proiezioni rinforzate dalla inconscia identificazione della figura femminile con la figura materna, inconsapevolmente ed incolpevolmente responsabile di quell’antico dolore.

E’ possibile che quel dolore profondo ed antico attinga in modo diverso il maschio rispetto alla femmina.

In quest’ultima l’occasione del parto , esso pure un distacco, una “perdita” di parte di sé, può richiamare e costellare l’antico dolore vissuto nel corso dell’imprinting alleggerendone quindi il carico inconscio e nello stesso rafforzando ed addestrando , grazie a quella esperienza , la coscienza .

Esperienza quella del parto  che nessun uomo ha vissuto contribuendo  perciò a far diventare per esso l’esperienza del dolore profondo, dovuto alla perdita ,  insopportabile e sconvolgente.

Se l’ego non viene travolto da quel dolore inizierà allora la fase che viene definita dell’elaborazione del lutto.

Fase che nel linguaggio popolare viene definita: “il farsene una ragione”.

Dizione quest’ultima che è più esplicativa rispetto alla precedente.

Intorno all’avvenuta  perdita e al relativo dolore occorre costruire un “involucro” razionale e ragionevole che lentamente metabolizzerà il tutto.

Si costruisce cioè spontaneamente il nuovo adattamento possibile alla nuova situazione reale venutasi a creare.

Processo questo che potrà essere né breve né facile ma comunque assolutamente indispensabile ai fini della sopravvivenza.

Anche qui la saggezza ed il linguaggio popolare ci dà indicazione con il proverbio:”Chi muore giace ed il vivo si dà pace”.

 

 

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