Gira in rete un filmato commovente. Alcuni gitanti con un motoscafo nel mare di Cortez vedono una balena immobile, forse morente.

Esplorato ciò che sta sott’acqua scoprono che la povera bestia è esausta in quanto una grande rete le impiglia pinne e code e dalla quale con tutta evidenza non riesce a liberarsi.

Avvicinatisi a remi con un piccolo coltello lentamente tagliano la rete nelle varie parti che tengono prigionieri le pinne e la coda.

Lavoro lento , paziente ed alla fine riescono a liberare la balena.

La quale , forse incredula per aver avuta salva la vita e forse riconoscente verso i suoi salvatori, inizia a fare una serie di salti spettacolari a tutto vantaggio dei provvidenziali liberatori.

Un filmato assolutamente emozionante.

Il quale fa però venire in mente per opposizione quel romanzo che si intitola Moby Dick e l’odio feroce che il capitano Acab nutriva verso la balena bianca.

Odio terribile e distruttivo che porterà alla rovina l’uomo e tutto il suo equipaggio.

Diciamola tutta.

La balena nell’episodio filmato e nel romanzo rappresenta là l’inconscio finalmente liberato dalle catene che lo imprigionavano fin dalla infanzia e quà il conflitto terribile ed autodistruttivo tra la coscienza castratrice e l’inconscio ed i suoi contenuti vitali.

E non si può fare a meno di osservare che popolazioni che desiderano tanto intensamente di cibarsi della carne delle balene e pescatori appartenenti a quelle popolazioni che quelle balene uccidono agiscono in modo distruttivo i loro terribili complessi di castrazione e il bisogno tremendo di liberarsene grazie alla “carne” del loro inconscio.

 

 

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